giovedì 9 agosto 2012

Quando è meglio postare su FaceBook

E dopo "Quando è meglio postare su Twitter" vediamo invece quando sia meglio farlo su FaceBook.

Inutile dire che i sistemi meccanicamente e socialmente sono diversi. Come detto, qualcuno ritiene Twitter esente dalla medaglietta di Social Network... ma qui non si sbaglia... FaceBook col suo anonimo loghetto bianco in campo blu è di prepotenza IL connettore sociale per eccellenza. Ai tempi di MySpace e Second Life nessuno si preoccupava di quando fosse meglio postare...
Attenzione... MySpace era (è) una sorta di diario dove vengo sbircio e leggo. Second Life invece provava l'astrazione dalla vita reale, coi suoi matrimoni e le sue "fornicazioni"... e proprio come nella vita reale... alla fine i suoi personaggi possono soccombere.

Ma insomma... torniamo a FaceBook.
A differenza di Twitter, per il quale avevamo parlato di un grafico a Sfinge... per FaceBook c'è un po' più di caos. L'orario migliore nella sua media sono le 3 di pomeriggio e dalle 9 la mattina alle 16 (con una maggior concentrazione nel primo pomeriggio)... ma sinceramente io trovo molto proficuo e gradevole anche il post di prima mattina. Che un'azienda posti alle 7.30 o alle 8, poter dare il buongiorno a chi si connette, non è male.
E' fuori dagli schemi produttivi, ma usando un'immagine che accompagna il buongiorno, il post risulterà gradevole, condivisibile e di buon impatto comunicativo.
Nessuno rifiuta di rispondere ad un buongiorno... sia in modo scritto o sotto forma di un "mi piace".

Le statistiche parlano di condivisioni selvagge a partire dalle 11. Magari nel dopo pausa caffé... come ad allungarlo. Ok mi rilasso 5 minuti... e dopo che mi sono rilassato, mi rilasso altri 5 minuti per vedere che si dice su FaceBook. E qui suggerirei di dare un occhio al post "La perfetta Azienda Sociale".

Il giorno migliore?
Nella media il metà pomeriggio della metà settimana stando alle statistiche... ma come per Twitter è soggettivo.
Ho visto anche buoni risultati nel primo pomeriggio del venerdì... mentre resta vero un po' per tutti, che postare il venerdì dopo le 17 sia una sorta di "anti-post"... sul modello de "lo scrivo ora perché non voglio che se ne accorga nessuno".


lunedì 23 luglio 2012

Quando è meglio postare su Twitter?

Prima di tutto capire lo strumento. Anzi il Social, o il Media. Anche perché già qui ci sono versioni contrastate. C'è chi non lo considera un Social Network, chi lo paragona agli SMS... chi pensa di saperlo usare solo perché vi lascia aforismi suoi o meno e qualcuno lo retwitta.
Bhé... Twitter è invece davvero potente. Social o no, garantisce una solida e radicata interazione sociale, anzi una "aggregazione" che grazie agli "hashtags" - aggregatori naturali o semplici chiavi che siano - consente di seguire un trend di argomenti in pillole, senza perdere una puntata.

Twitter va capito.
Non perché è un genio incompreso, ma perché lato publisher o lato utente adotta un modo tutto suo di presentare le notizie. Prima di tutto il suo motore di ricerca è temporizzato. E non è davvero poco... e secondariamente perché - volente o nolente, con regole scritte o meno - non è detto che mostri tutti coloro che in un momento particolare usano lo stesso hashtag (#) per esprimere un concetto. Subentra una manifesta meritocrazia... quanti mi seguono, cosa sto dicendo, come lo dico... c'è un algoritmo? Non c'è? (Magari lo analizzeremo in altri post...)

Quello che ci interessa capire oggi è se sulla base di un'omogenea diffusione di tweet, esista o meno un orario ed un giorno migliore per poter lanciare i propri messaggi.

Chiaro è che ogni settore e azienda hanno i propri orari dedicati ed anzi, l'azienda dovrebbe essere sufficientemente brava e preparata da sradicare l'attenzione olistica degli utenti proponendola in proprie fasce dedicate.
Ma di fatto... dati alla mano... spulciando (e rispulciando in rete) si ottengono sempre gli stessi dati.

Twitter ha un suo giorno ed un suo orario.
Il livello di attenzione su Twitter ha la forma di una sfinge la cui coda è la fine della settimana, il busto e la testa sono verso la prima metà della settimana... e le zampette corte e tozze sono all'inizio.
E la stessa "sfinge" l'abbiamo negli orari. Con una cuspide di attenzione concentrata nel pomeriggio.

Postare presto il pomeriggio da lunedì al giovedì, con un traffico utenti che si concentra dalle 9 la mattina alle 15.
Dimenticate i post dopo le 20 (ricordate che esitono valide, validissime eccezioni...) e dopo le ore 15 del venerdì.
Ma perché sono gli orari migliori?... Perché la fascia di retweet (cioè leggo, mi interessa, condivido) parte generalmente più tardi ed ha una cuspide di condivisione che si concentra fino alle 17.
Diverso è invece il CTR (cioè la percentuale di clic ogni 100 visualizzazioni). Questo si concentra esattamente sulle fasce metà mattina, primo pomeriggio.

Quindi...
Facciamo ordine.
  • Orario migliore per postare: dalle 9 alle 15;
  • Maggiori CTR: metà mattina e primo pomeriggio;
  • Maggiori condivisioni: seconda metà del pomeriggio.

Io generalmente seguo questo schema allo start-up coi clienti. Poi lo aggiusto personalizzandolo, ma assicuro che come base di partenza può dare veramente grandi soddisfazioni.

Andrea Testa

venerdì 29 giugno 2012

La perfetta Azienda Sociale


Ultimamente mi sono imbattuto in molti post che parlavano di come trasformare l'uso dei social network dei dipendenti, in strumenti di produttività aziendale.
Non sono mai stato diffidente in questo senso, tanto è vero che alcune teorie le avevo da sempre sostenute. Però spinto dall'entusiasmo di buone letture e sicuro di poter contare sul supporto scritto - appunto - da altri, ho iniziato a proporlo ad alcuni clienti che seguo.

Devo dire che i risultati sono stati soddisfacenti.
Non posso ancora dire ottimi... perché sono operazioni a lungo termine. Quello che è sicuro è che non vi sono elementi di negatività. Al massimo... continua a funzionare tutto come prima.

Vediamo quindi: come mettere a frutto la navigazione sociale dei propri dipendenti

Prima di tutto - ovviamente - consentite ai vostri dipendenti di accedere ai social network... altrimenti tutto il discorso sotto crolla... non vi pare?

Garantire l'uso dei SN ai dipendenti, può responsabilizzarli ad interagire tra loro, creando ad esempio connessioni su Linkedin e quindi a rendere più performante il lavoro; creando poi una connessione con la pagina aziendale, i dipendenti possono farsi voce diretta dell'azienda, ingaggiando i clienti, proponendo soluzioni e/o risposte ai quesiti.

Questo garantisce all'azienda - come base - un incremento del proprio network.
I benefici evidenti sono:
a) creazione di nuove connessioni
b) scoperta di nuove informazioni
c) condivisione ed interazione con personale professionale e network privato

Creare i contenuti
I dipendenti dovrebbero essere incoraggiati a creare contenuti da distribuire attraverso le varie piattaforme sociali. Facendo questo diventeranno attivamente partecipi nella crescita del brand awareness dell'azienda. Come comprare azioni della propria azienda!
Non solo usando i social network, ma ad esempio scrivendo contenuti mirati anche sui propri Blog o perché no… dandogli voce proprio sul blog aziendale.

Incoraggiare nella condivisione dei contenuti
Partendo da cosa fa l'azienda e dando accesso alla rete sociale, condividere le novità dell'azienda stessa sarà un processo naturale. Che genererà curiosità e visibilità. Questo stimolerà non solo la conversazione esterna, ma anche il dialogo interno tra dipendenti ed azienda stessa.

Un'azienda che dialoghi con i proprio dipendenti e che "usa" (bonariamente parlando) i propri dipendenti per promuovere notizie dell'azienda stessa otterrà:
a) di raggiungere una vasta audience
b) "rispetto" e credibilità dall'esterno
c) si adatterà più facilmente ai cambiamenti
d) sarà più facilmente accessibile dall'esterno (e non vulnerabile)

Come cresce l'azienda sociale
Costruire interazioni… non solo crescere numericamente. L'azienda dovrebbe cercare di stabilire relazioni, partendo da quelle tra i responsabili, generando anche uno stimolo in produttività. Ogni reparto è collegato anche dal SN e la comunicazione avviene più velocemente ed in modo più ampio.

E per finire… per quanto possa sembrare strano, la connessione a prima vista passa da un ingaggio fisico ad uno virtuale. Ma interagendo virtualmente gli attori di questa operazione scopriranno diversi lati che in un ambiente esclusivamente tradizionale, non avrebbero notato.
Quindi… quale miglior modo per legare ancora di più il personale, se non quello di rifisicizzare i rapporti?
Adesso che ci conosciamo veramente… che ne dite se ci vediamo al prossimo summit… e magari prima facciamo una colazione tutti insieme?

lunedì 11 giugno 2012

FourSquare ha bisogno di un semaforo


Ogni Social Network ha le sue deficienze, o se vogliamo (al positivo) le sue mode. Stabilire in quale modo sia efficiente ed efficace una strategia di marketing che impatti sull'attenzione che i propri seguaci, o amici o membri delle cerchie - o chiamiamoli un po' come vogliamo - parte primariamente dall'analisi del reale metodo di interattività che questi pongono ogni volta che si scatena un contenuto.

Notoriamente i Social ti garantiscono di sapere chi hai raggiunto ed in che modo, analizzando poi il gradimento di questi relativamente a commenti, condivisioni o apprezzamenti di altro tipo, facendo quindi propri, determinati concetti.
Piacevole è ad esempio l'idea di Pinterest di inserire in una propria board un concetto espresso sotto forma di immagine, cambiando appunto l'etichetta apposta sopra da un utente precedente. Un telefono senza fili dove di fatto si parte da A e necessarimanete si giunge subito a Z. Un paio di scarpe diventa un "bello schema di colori", o un "prodotto che io amo".

Poi ci sono gli hub, almeno così mi piace chiamarli ed in alcuni ambiti mi ci metto anche io. Cioè gli utenti che si "limitano" a legge e ricondividere, fungendo da veri e propri smistatori di notizie ritenute (talvolta troppo soggettivamente) di qualità.

Ma insomma... Quanto scritto sopra denota interazioni, che guarda caso spesso non raggiungono uno schema percentuale che si possa avvicinare al 100.

Utenti clone, fasulli, improvvisati, costretti... Insomma alla fine della fiera l'impatto di popolarità democratica, si misura oggettivamente in uno spazio che più o meno può essere definito da un qualsiasi sondaggio analitico fornito più o meno banalmente da tanti software.
In sostanza... Posto questo e mediamente "X" utenti mostrano di interagire in qualche modo.

Bene. Il mio titolo richiama FourSquare.
Vediamo perché e solo in chiusura, perché di fatto per molti non sarà né una notizia nuova, né una notizia interessante.

Le 4 proverbiali strade formano nell'immaginario civico un incrocio. E questo nello spazio virtuale, è quanto succede per la maggior parte dei luoghi presenti su FourSquare. O sei un'azienda che lavora creando promozioni ad hoc per la piattaforma, o diventi una vetrina, hai sicuramente visibilità, ma poi come titolare vedi transitare davanti decine di avventori mai visti fisicamente in negozio.
Chi è questo? È la più gentile delle domande che si possano sentire quando un faccione brutale ti guarda dalla sua miniatura dicendoti con prepotenza che è il Mayor del tuo negozio.
E lui non solo non ha mai comprato niente da te... Ma non lo hai neppue mai visto.
Detto questo... FourSquare è un'idea gradevole, ma probabilmente lo è ancora solo per gli utenti che giocano a "conquista un badge".

Se l'incrocio vuole portare da qualche parte, sarà forse meglio che metta qualche semaforo... Altrimenti se perde il dolce sapore dell'attesa allo stop obbligatorio, non solo prima o poi produrrà qualche incidente... Ma col tempo la gente inzierà a passare da altre strade.

Andrea Testa

mercoledì 30 maggio 2012

Come caricare un video YouTube su Pinterest

Esistono due sistemi molto semplici e veloci per "pinnare" il vostro video preferito su Pinterest, ma entrambi richiedono piccole attenzioni.
Il primo è quello di usare il link lungo del codice di condivisione di YouTube. Il secondo è utilizzare il pulsante "Pin It" precedentemente installato nella vostra barra del browser.

Vediamo...

Uso del codice lungo
  • E' sufficiente aprire un video di YouTube
  • Cliccate poi su "Condividi"
  • Cliccate su "Opzioni" e selezionate "Link lungo" (eventualmente anche HD se il video lo permette)
  • Copiate il codice lungo (quello che nell'immagine sotto è evidenziato in verde)
  • Entrate in Pinterest e cliccate su "Add" / "Add a pin"
  • Incollate il percorso precedentemente copiato
  • A questo punto seguite le normali procedure utilizzate per le immagini...
Uso del pulsante "Pin it"
  • Aprite questo link ufficiale di Pinterest: http://pinterest.com/about/goodies/ ed attivate il "goodies" nella barra dei preferiti (se non lo avete già fatto) seguendo le istruzioni a video
  • Una volta attivato entrate nella pagina YouTube che contiene il video e cliccate semplicemente sul "Goodies". Seguite poi le istruzioni a video.
NB. Il pulsante "Pin it" è molto utile, poiché vi consentirà di "pinnare" qualsiasi pagina in modo veloce senza bisogno di accedere a Pinterest.

Happy pinning!

Andrea Testa

lunedì 28 maggio 2012

Quando il Successo è "Correlato"


Premessa

L'attività sotto descritta fa parte della Google Online Marketing Challenge, a cui il Master Executive in Social Media Marketing & Web Communication della Scuola di Comunicazione IULM, partecipa da ben 4 edizioni. Quest'anno il nostro Andrea Testa, ha ricevuto l'incarico di formare una delle due classi del Master nel SEM, con particolare focus sulla piattaforma Google Adwords, nonché di seguirla nella Google Online Marketing Challenge.

Per approfondimenti:


Questo è l'articolo che descrive il lavoro del gruppo Spiders.

Vi raccontiamo la storia di una sfida che ha un gusto pieno, come il protagonista della nostra campagna Adwords: l’aceto Balsamico dop e igp di Modena.
Un prodotto prezioso, pieno di un sapere che vive, custodito per anni, in barili secolari, nella penombra di silenziose acetaie, nelle parole di chi lo produce da generazioni.

Come riuscire a decontestualizzare un prodotto così profondamente legato al territorio per catapultarlo nella rete digitale? Come conservare tutta la magia dell’Aceto Balsamico Pedroni nelle poche battute di un annuncio Adwords?

Saremmo mai riusciti a scaldare i cuori degli utenti, stimolando click e conversioni?

L’ANTAGONISTA
Da un benchmark nel web l’ostacolo risultava chiaro: un popolo agguerrito di acetaie era pronto a tutto pur di comparire in “prima pagina”…in risposta alle query “aceto balsamico”, “aceto balsamico tradizionale” ecc.
L’Acetaia Pedroni era questo ed altro.
Era tradizione, qualità, sapere secolare. Come tutte le migliori acetaie.
Ma le regole del mercato spesso sono spietate e percorrere una strada nuova, poco battuta, spesso è vitale per essere primi!

LA STRATEGIA D’ATTACCO
Il nostro obiettivo di marketing era chiaro: era necessaria una strategia originale.
Bisognava proporre una nuova chiave di “utilizzo-lettura” dell’aceto balsamico tradizionale Pedroni, spostandolo da un mercato altamente competitivo e saturo, già ampiamente presidiato dalla concorrenza (quello del prodotto visto in chiave “tradizionale”), ad un territorio più “libero” e attrattivo, in cui l’aceto balsamico poteva vestirsi di nuovi valori per incontrare la domanda di una fetta di consumatori fino ad allora mai approcciata.
E da qui il nuovo posizionamento: l’aceto balsamico tradizionale Pedroni doveva essere veicolato come un prodotto esclusivo, raffinato e ricercato, che presentava aspetti legati alla sensorialità e alle emozioni. Diventava uno “strumento di seduzione”, l’ingrediente “speciale” per esaltare i piatti, sorprendere e  aggiungere appeal. Il nettare complice di incontri speciali.

IL NOSTRO GRANDE ALLEATO?
Google correlate”!
Estrapolando il pattern della parola "aceto balsamico" su Google Correlate, sembrava esserci un accordo temporale con la chiave "intimo".
Da qui l’illuminazione: “potrebbe esistere una correlazione tra la ricerca di seduzione e l'arte culinaria. L’abbinamento col pregiato balsamico potrebbe essere un veicolo di conversione se proposta nella rete display di portali e siti web dedicati appunto all'abbigliamento intimo, ma anche all'arte del sedurre.”

A CHI?
Dove avremmo trovato i più appassionati consumatori di aceto balsamico in chiave seduttiva?
In un target mediamente giovane: 30/50 anni, in particolar modo single, di estrazione culturale/sociale medio-alta. Un fascia di utenza fatta di intenditori (tutti coloro che prestano attenzione al “gusto di classe” e che avrebbero visto nell’aceto balsamico dop/igp il valore aggiunto per “impreziosire” le proprie creazioni e stupire a tavola) e i seduttori (la fascia di consumatori altamente sensibile a tutto ciò che poteva rappresentare “novità” in fatto di seduzione e “arte della seduzione”)

DOVE SCOVARLI?
Dopo aver individuato in “aceto balsamico”, “ricette” e “seduzione” i nostri cluster principali su cui sviluppare i 3 gruppi di annunci… un occhio alla geo-localizzazione:
esisteva un’area geografica italiana più predisposta a recepire il nostro messaggio?
Google Insight, alla ricerca “aceto balsamico”, diceva di sì: Milano, Bologna e Roma erano il nostro obiettivo! Un mercato saturo, bisognoso di novità…e quindi probabilmente interessato all’aceto balsamico presentato in una nuova veste.

E DA QUI IN POI, IL RESTO È STORIA:
ovvero 3 settimane di osservazione e continui aggiustamenti della nostra campagna su piattaforma Google Adwords.

1) Rete di ricerca Google con annunci di testo, ideati secondo le regole più attente della persuasione: headline accattivante, body di approfondimento e finale “call to action” per motivare i click e far atterrare gli utenti su landing page in duplice versione:
a) dowload ricette per una serata romantica
b) acquisto online dei prodotti (prezzi da intenditori e…da capogiro, in alcuni casi!)

2) Rete display con annunci testo e immagini.

E FINALMENTE IL TRAGUARDO!
Non solo impressions, non solo click, ma anche conversioni e un CTR di quasi il 3%!
Per ora, missione compiuta! Non ci resta che aspettare fino a Luglio per i risultati della classifica generale di Google!

Hanno partecipato al progetto (in ordine alfabetico):



martedì 8 maggio 2012

Google Suggest e la ricerca educata

Google Suggest ha sicuramente il merito di indicare quali siano le chiavi di ricerca più utili (almeno secondo lui) da utilizzare sulla base della digitazione dell'utente. In pratica l'obiettivo di Suggest è quello di mostrare durante la digitazione - nel più breve tempo possibile in autocompletamento - una chiave di ricerca idonea e performante sulla base delle indicazioni che un utente digita.

Fin qui tutto bene. In effetti i suggerimenti sono pertinenti. Ed è questa che io chiamo ricerca "educata". Di fatto un tipo di ricerca che - suggerita - indica il metodo migliore per raggiungere uno scopo. Cioè educa a trovare una soluzione. Prendiamo in esame il tanto caro esempio degli agriturismi in toscana sul mare. Andando a digitare si ottengono queste chiavi suggerite:


Bene. Il risultato sembra semplice e quindi niente di più facile, per chi opera nel campo dell'analisi, andare ad individuare potenziali chiavi ad alta performance.
Niente di più sbagliato...
Ma dove risiede il problema?

Sempre sulla base della chiave "agriturismi toscana mare", ho provato a controllare le occorrenze creando una chiave a corrispondenza generica modificata.
+agriturismi +toscana +mare
In pratica diciamo ad AdWords che nella ricerca dell'utente devono comparire sicuramente queste tre chiavi, ma possono essere scritte come si vuole, anche con l'uso di altri termini di ricerca.
Per fare un esempio... potrebbe apparire in questi altri casi:
  • agriturismi in toscana sul mare
  • agriturismi in provincia di livorno in toscana al mare
  • toscana mare e vacanze in agriturismi
Detto questo ho provato a controllare le potenziali occorrenze, generando una lista di chiavi estrapolate dall'opzione di AdWords "visualizza i termini di ricerca".
Ho condotto l'esperimento per 30 giorni ed alla fine ho ricevuto dati che mi hanno fatto sorridere.
Sicuramente la chiave esatta o a frase "agriturismi toscana mare", aveva ottenuto un elevatissimo numero di impressions e di clic. Ed aveva pure convertito bene.
Ma in basso veniva proposto un monte impressions non identificate, pari a 1.584!

Insomma... per quanto Suggest educhi, l'utente non si fa domare.
Ricercare una spiegazione in queste logiche è arduo. Vero che molti non usano il sistema di suggerimento, ma è anche e soprattutto vero che l'utente non guarda il video mentre scrive... ma anzi si focalizza sulla tastiera cercando di non commettere errori di digitazione.

Morale della favola.
Per quanto Google cerchi di aiutare nella ricerca, è poi l'utente che sceglie come muoversi e cosa cercare. Analizzare quindi le metriche di ricerca non è lavoro semplice e neanche matematicamente definibile.
Sicuramente Suggest aiuta a trovare alcune chiavi, ma poi per operare in web marketing, ricordiamo sempre che uomo batte software 1584 a 1.

Andrea Testa

domenica 15 aprile 2012

Panoramica sul Remarketing di Google AdWords

Tra gli strumenti che fornisce AdWords, il remarketing è a mio parere quello con più fascino.
Troppo facile dire che il remarketing è una forma di pubblicità semplice e basata sulla azione (o la non azione).
Il remarketing è qualcosa di più complesso, perché è una partita a scacchi. A mossa segue mossa e gli intenti dell'avversario vanno calcolati con discreto anticipo.

NB. Se preferisci puoi anche guardare il video, invece di leggere:



Pensare al remarketing come ad una serie di annunci a sé stanti, sarebbe come creare spazzatura pubblicitaria fine a sé stessa.
Comprato? Bene, ciao grazie.
Non comprato? Allora ti lusingo, ti tento… ti ammalio.
Eh no… l'obiettivo alfa non è generare spamming, ma concedere al cliente una tregua senza bisogno di tempestarlo di informazioni.
Se non ha comprato il biglietto per il volo per San Francisco… non è che ad ogni curva gli devo far vedere le offerte per Los Angeles, Monaco, Sydney…

I metodi dunque - a mio parere più vincenti - sono quelli legati alla scontistica o alla comparazione del prodotto/servizio.
Come dicevamo all'inizio è una partita a scacchi. Quindi da subito sceglierò come voglio giocare, conoscendo l'avversario che avrò di fronte.

Vediamo i due esempi di cui sopra.
SCONTO
Il cliente entra, ma non compra. Propongo al prossimo passaggio un incentivo all'acquisto… sconto, coupon, prodotto omaggio, prova gratuita, spese gratis.
COMPARAZIONE
Ok… il prodotto non ti è piaciuto? Prova questo allora.
Esempio che mi è molto a cuore poiché è stato da noi usato con successo, nella promozione di abiti da sposa con linee diverse e stesso brand madre.

Il secondo esempio merita un po' più di attenzione.
Sembrerebbe contrastare con l'esempio dei voli… ma invece è diametralmente opposto.
Se da una parte ho ben chiaro il mio punto di arrivo, la NON azione che mi porta ad uscire dal sito senza convertire (comprare il biglietto), è di fatto legata a mancanza di disponibilità di posto sul volo o prezzo, estraneo alle mie corde.
Quindi all'uscita… non dovrei mostrare altri voli… ma dovrei provare a proporre lo stesso volo in date diverse o con una compagnia aerea associata (ovviamente in questi esempi non prendo in considerazione la semplice uscita perché per mancanza di tempo, l'utente non riesce a convertire).

L'esempio dell'abito da sposa invece, si concentra su un periodo lungo e con trepidante attenzione al dettaglio. Impossibile comprare online. La sposa cercherà varianti di miei competitor.
Allora perché non diventare io stesso competitor dei miei abiti?
Ovviamente alla base di tutto c'è l'azione e non azione.
Ho fatto esempi moto semplici… ma sono queste le fasi cruciali del remarketing.

Parlare di acquisto o contatto è riduttivo. Analizzate la pagina chiave per operare la distinzione degli utenti all'interno del sito.
Installate il codice di remarketing… e buona fortuna.

Andrea Testa

domenica 8 aprile 2012

Quali annunci AdWords vengono attivati dalle mie parole chiave?

Questa volta affrontiamo un argomento tecnico di sicuro interesse ed attualità. L'obiettivo in sostanza è quello di capire, attraverso Analytics, quali sono le parole chiave che attivano fisicamente annunci specifici delle nostre campagne AdWords.
Se infatti possiamo sapere sempre quali parole (anche se non tutte) attivano i nostri annunci, e quale è la percentuale di pubblicazione degli stessi, non è però immediatamente comprensibile quali parole hanno in realtà attivato i nostri annunci.
Per farlo possiamo guardare anche ad Analytics attraverso poche e semplici procedure.

Vediamole.
Entrati in Analytics si accede al menù SORGENTI DI TRAFFICO e selezioniamo il sottolivello SORGENTI / CAMPAGNE.
A questo punto appaiono le campagne.


Selezioniamo quindi la campagna che interessa e visualizziamo la metrica google/cpc



Impostiamo AdWords come dimensione secondaria, selezionando "contenuti dell'annuncio".
"Contenuti dell'annuncio" di fatto è il titolo dell'annuncio stesso.


A questo punto accanto alla riga dimensione principale (dove appare SORGENTE/MEZZO) selezionate ALTRO e filtrate per AdWords / PAROLA CHIAVE.


A questo punto appariranno le chiavi (a corrispondenza) che avranno singolarmente attivato i nostri annunci.


Esistono naturalmente altre metriche da poter essere selezionate, ma questo sistema è sicuramente veloce e completo.
Buona analisi dati.

Andrea Testa

venerdì 9 marzo 2012

Articolo di Andrea Testa sul blog ufficiale di Google AdWords

Nell'attesa di pubblicare qualcosa di nuovo scritto interamente solo per noi, prosegue la collaborazione di Andrea Testa con grandi blog della rete. E' quindi con entusiasmo che postiamo il link dell'ultimo articolo del blog ufficiale di Google AdWords a firma Andrea Testa.

Strutture turistiche: ottimizzazione delle parole chiave in funzione del device:
http://adwords-it.blogspot.com/2012/03/strutture-turistiche-ottimizzazione.html

Complimenti Andrea e grazie Google AdWords!
Special thanks Viola Gauci.

Blubit Srl

giovedì 23 febbraio 2012

SEO e Applicazioni Mobili

Qualche settimana fa, coinvolto dall'espertissima SEO Mariachiara Marsella, abbiamo buttato giù un'interessante (spero per chi legge) articolo, su come sia importante dedicare una buona propulsione SEO-Sociale legata allo sviluppo delle Applicazioni Mobili. Fondendo la nostra esperienza, con quella di Mariachiara, ne è venuto fuori un articolo piacevole e colloquiale che potete trovare a questo indirizzo:
http://news.pmiservizi.it/approfondimenti/internet-approfondimenti/applicazioni-mobile-seo-e-non-solo-consigli-dagli-esperti.html.

Grazie a Maria Chiara per la piacevole e proficua opportunità.

Andrea Testa

venerdì 3 febbraio 2012

Klout: come funziona (parte 2/2)

Proseguiamo e terminiamo il discorso aperto su Klout.
Nell'articolo precedente abbiamo parlato di come Klout funzioni proponendo un calcolo legato alla propulsione sociale dell'account.
Questa volta invece - per concludere il discorso - vorrei soffermarmi brevemente sulla qualità che questo punteggio offre.

Abbiamo già detto che altri strumenti funzionano in modo simile a Klout e che probabilmente Klout non è il migliore, ma tra i vari strumenti è forse quello che più consente al cliente di analizzare la propria esperienza sociale, trasformandolo di fatto in un ottimo punto di riferimento statistico e grafico.
Proporre al cliente un grafico semplice e costruito giornalmente sulla base delle proprie attività sociali, è sicuramente utile, semplice e gratificante per il cliente stesso.

L'obiezione che molti detrattori portano, è legata al fatto che collegando tutti i propri connettori sociali, il calcolo di Klout potrebbe non essere verosimile, in quanto inquina la comunicazione sociale con informazioni trasversali, se non addirittura private.
E questa è sicuramente una buona obiezione sulla quale merita spendere qualche parola.

Da sempre ritengo - o meglio in Blubit, riteniamo - che la rete è uno strumento, sta poi all'utente fare in modo che tale strumento sia per lui prezioso e coinvolgente ed al tempo stesso utile per la comunità.
Se utilizzo uno strumento per generare informazioni irrilevanti, di fatto cannibalizzerò le informazioni buone, fornendo terreno fertile per gli antagonisti della rete.
Ogni mia mossa sbagliata potrebbe essere usata da altri, per definire la rete ed i suoi strumenti come inutile e pericolosa.
Bene.
Prendiamo un ferro da stiro. Prendiamo una moglie che stira e che usa il ferro per stirare le camicie.
Non mi sembra ci sia niente di strano.
Ora prendiamo la stessa moglie, mettiamoci un po' di stress... un marito che si lamenta e una moglie che esasperata prende il ferro da stiro e con questo rompe la testa al marito.
È colpa del ferro, del marito o della moglie?
Bene, grazie, vi siete risposti da soli.
Diciamo che il 50% ha dato la colpa al marito, l'altro 50% alla moglie, ma nessuno ha dato la colpa al ferro.

Ecco... allora perché quando uno scrive qualcosa di deprecabile o fa qualcosa di violento sulla rete, si dà la colpa alla rete e non al violento stesso?

Qui sta l'essenza dell'uso dell'analisi sociale di Klout.
L'ho presa larga per esprimere un concetto liquidabile in due secondi.
In sostanza... tanto più l'utente di Klout collegherà i suoi canali sociali adottando una comunicazione omogenea, tanto più il suo Klout score rispecchierà la reale propulsione sociale in base alle sue conoscenze e competenze.
Se l'utente lega a Klout tre account (Twitter, G+ e FaceBook) e su ognuno di questi parla di tre cose diverse raccogliendo "accoliti", chiaramente falserà il suo punteggio rendendolo alto, ma su temi diversi.

E' vero che Klout assegna dei TOPICS, cioè delle "discussioni" tematiche che in qualche modo consentono di capire gli argomenti che tratta l'utente... ma di fatto il suo punteggio di Klout sarà falsato da argomenti diversi tra loro.
Per uno chef sarà comunque importante sapere che i suoi "seguaci" lo apprezzano su G+ per come parla della pizza, su FaceBook per come parla dei primi e su Twitter per le sue ricette consigliate. E questo è un bene, ma se poi usa un account correlato a Klout dove parla di tutt'altro per aumentare il suo punteggio, commetterà un errore solo perché inquina la sua reale propulsione sociale. Falsandola.
Ma anche qui Klout lo aiuta e ci aiuta a capire, perché sarà possibile scoprire quale canale sociale è più influente nella sua comunicazione.
Per questo chef, scoprire che la sua forza sociale è dell'80% su YouTube, dove pubblica solo video che non hanno a che fare con la sua cucina, sarà probabilmente un insuccesso personale... e il suo alto punteggio passerà in secondo piano.

Buon Klout.

Andrea Testa

domenica 15 gennaio 2012

Google Correlate, come funziona

È bene dire subito che Google Correlate è uno strumento "magico" e "meraviglioso", ma solo quando serve. E qui c'è la sua reale essenza.
Cerchiamo di capire il perché.

L'errore più comune di quando si utilizza Correlate, è quello di pensare che la chiave che si va ad inserire consegni altre chiavi semanticamente collegate.
Da questo errore derivano tutte le perplessità.
Correlate infatti non prende in analisi la semantica della chiave, ma estrapola dalla chiave stessa un percorso - o pattern - temporale, all'interno del quale identifica cuspidi positive e negative.
In questo modo la domanda che viene posta a Correlate non è quindi "dimmi quali sono le chiavi simili cercate e legate alla mia query"... ma è: "mostrami il pattern temporale di ricerca della chiave".
Fin qui l'obiezione potrebbe essere: "Certo, ma inutile... anche Google Insights lo fa già".

Vero... ma è questa l'essenza di Correlate.
Anziché mostrare quindi il diverso pattern temporale legato tra le chiavi semanticamente collegate, mostra pattern temporali simili, anche se non semanticamente.
Cosa fa dunque. Cerca correlazioni tra i volumi di ricerca.

Analizzando infatti i tool, risulta evidente come Google specifichi di creare una propria tabella di analisi partendo da un foglio di calcolo, dove si identificano data e punteggio.
A tal proposito è utile vedere l'esempio sull'Onda Invernale "Winter Wave". Oppure l'esempio dal quale nasce Correlate stesso, cioè la curva di ricerca in funzione al manifestarsi dell'influenza.

In questo modo si analizza il trend di ricerche assolute in funzione del pattern temporale, cercando di capire quali sono i termini che si attivano allo scatenarsi di un evento.
Ed è probabilmente l'evento, la chiave di Google Correlate. Ripeto... non la parola.

Facciamo un esempio concreto, assolutamente semplicistico e di natura sportiva.
Ipotizziamo di NON avere pattern temporale e di voler generare quindi un pattern partendo da una chiave.
L'oggetto della nostra ricerca è cercare di capire le parole correlate alle curve di ricerca del termine "serie a".
Impostiamo quindi la chiave, Correlate estrapola le curve e mostra i trend di ricerca a simile percorso.
Correlate mostrerà allora dati che possono essere interpretati per analisi e operazioni di marketing.
In che modo. Tra i risultati correlati otteniamo "serie a live", "serie a diretta" oppure "tempo reale serie a".
In questo modo l'analista non ottiene parole di ricerca simili, ma effettive ricerche all'interno dello stesso flusso temporale.
Riducendo all'osso... diretta e tempo reale potrebbero essere due chiavi di successo (partendo dal presupposto che il cliente lavori in questo ambito).

Vedi cliccando qui, l'esempio della curva "serie a".

Insomma. Continuo a sostenere che sia uno straordinario - ma spesso incompreso - strumento SEM.
L'importante è usarlo con criterio. Non sempre infatti, se non si segue - clonandola - la sua logica, restituirà i risultati sperati.

Andrea Testa

lunedì 9 gennaio 2012

Klout: come funziona (parte 1)

Qualche settimana fa, tramite una segnalazione dell'amico Gianluca Cogoli, mi sono imbattuto - in piena analisi di fine anno dei dati delle varie campagne SMM - in questo prodigioso strumento.
Spesso viene richiesto di analizzare la popolarità dell'azienda e come questa interagisca con il suo pubblico sociale.
Ovviamente esistono molteplici strumenti per effettuare tali controlli, ma Klout in questo senso fornisce un ottimo strumento di analisi costante che può essere interpretata anche dal cliente stesso. Le curve di andamento della diffusione dei dati infatti si relazionano tra loro creando il cosiddetto "Klout Score".

Klout consente di allacciare l'account con tutte le estensioni sociali (da FaceBook a Twitter, da Google + a 4Square… senza escludere le piattaforme Blog) ed in questo senso è ulteriormente utile analizzare i dati, in quanto viene offerta la forza propulsiva di ciascuna estensione.

Abbiamo tre parametri chiave che concorrono alla formazione del punteggio (score): True reach, Amplification e Network.

La "True Reach" è il numero di persone che l'azienda influenza, non solo in termini di stretta correlazione azienda-correlato, ma in termini di azienda-target. Dove il target è la propulsione dell'informazione sociale che si estende anche alle correlazioni con la rete della prima azienda raggiunta. In pratica, si fornisce una notizia che viene spinta in rete attraverso le connessioni sociali tra gli utenti.
Ad esempio potreste avere un solo target primario che - con un grosso seguito di pubblico - ogni volta che trasmette o condivide una vostra notizia, riesce a raggiungere un elevato numero di utenti.

L'Amplification invece è un più criptico "quanto influenzi il tuo pubblico". Di fatto in che modo le informazioni che fornisce l'azienda rappresentano un motivo di interesse verso il proprio pubblico sociale. Un'azienda che posta cose inutili o poco interessanti avrà una scarsa possibilità di riscuotere successo sociale, in quanto ciò che dice - non interessando - non viene condiviso (usando il termine "condividere" in ambito di tool social).

Il Network è invece la misurazione della forza propulsiva generale della rete stessa e degli utenti che ne fanno parte.
In poche parole, influenzare utenti che a loro volta influenzano fortemente altri utenti (e via dicendo), produce un ottimo punteggio di network.

Il tutto viene illustrato con pratici grafici sensibili al passaggio del mouse. In questo modo, incrociando i dati con le varie attività sociali, si riesce a comprendere quali tipi di post hanno più credibilità e impatto.

fonte e diritti klout.com


Per ulteriori informazioni: http://www.klout.com.
Il nostro profilo è raggiungibile qui: http://klout.com/#/blubitsrl

Andrea Testa

mercoledì 4 gennaio 2012

Ancora sul ROPO e il Market Research

ROPO (Research Online Purchase Offline), monitorare il comportamento degli utenti che prima di acquistare presso il punto vendita, decidono di cercare sul web.
È un’analisi preliminare - da seguire nel suo evolversi - molto importante, poiché fornisce un più accurato monitoraggio delle conversioni definite offline, “fuori sito”.

Quando si concretizza l’analisi statistica dei riscontri positivi del sito infatti, questo aspetto rischia di stravolgere - o quantomeno falsare - il risultato penetrativo delle richieste.
Insieme al Market Research sul web, è inoltre possibile verificare preventivamente la forza dell’investimento e la sua reale produttività.
L’analisi dell’andamento ricerche, i trend distribuiti su chiavi e su hashtag, denotano infatti le curve di ricerca storica ed attuale, relative ad un determinato mercato, introducendo inoltre le aree tematiche produttive e sociali della ricerca stessa.

È uno strumento di analisi fondamentale soprattutto per chi deve aprire un’attività, per chi deve lanciare un nuovo prodotto o semplicemente per chi desidera pianificare le uscite pubblicitarie su web su scala temporale ridotta o estesa.

ROPO e Market Research consentono di affrontare con forza propositiva qualsiasi volontà del cliente garantendo investimenti oculati e riscontri sopra la media.
La filosofia è interpretare e veicolare il mercato, affinché qualsiasi operazione richiesta possa produrre il massimo dei frutti, ottimizzandola prima che questa raccolga dati concreti.
Sinergicamente con tutte le forme di pubblicità e marketing online, deve essere considerata la piattaforma di analisi nativa per affrontare una pianificazione web.

Vedi anche: ROPO, cos'è e come funziona.

Andrea Testa